sabato 31 ottobre 2009
Quando ci si sente sulla stessa lunghezza d'onda...
E la cosa bella è che ogni volta che scrive è come se vedessi, trasposti in linguaggio d'autore, i miei pensieri su quelle pagine. E la sensazione continua, nonostante i temi drammatici di questi articoli.
Stessa cosa vale per il mitico Curzio Maltese e in parte anche per Piero Ottone, insomma apro la rivista e mi ritrovo "in famiglia"!
Ho già proposto Curzio recentemente ora lascio lo spazio a Giorgio e Piero.
Giorgio Bocca: Se il governo prende esempio dagli asini di Cavour
".. Nel concreto e nel presente, cosa è, come è il Paese Italia ? A dir semplicemente le cose come stanno, è a uno dei punti più bassi della sua storia. L' opinione che il mondo ha di noi e che si manifesta su giornali e televisioni è pessima, quella di un Paese poco serio, governato in modo poco serio con un attivismo tappabuchi attento alla propaganda più che alla previdenza, alla retorica più che alla ragione. Dire che la stampa estera è antitaliana per invidia o per malanimo è nel migliore dei casi un provincialismo penoso, la magra consolazione del nazionalismo che agisce, come si dice in Piemonte, come gli asu ad Cavour gli asini di Cavour, ca s'laudo da lur, che si lodano da soli. Che sarebbe il meno se non fosse accompagnato da uno spirito legionario di puro stampo fascista, per cui gli avversari diventano antitaliani disfattisti, sovversivi, proprio mentre si va alla sovversione delle garanzie e dei diritti democratici. A questo punto non si tratta più dei rischi su un fascismo che può tornare, ma di un fascismo che è già tornato, che diffama gli avversari in attesa di bastonarli, che si rifà a un combattentismo eroico, che spazza via i profittatori e i vili come fece lo squadrismo. Le stesse minacce, gli stessi rodomonti, gli stessi servi in cerca di padrone, solo più grassi e ben vestiti. Un' amara sorpresa per chi per i fascismi non è passato, un dolore quasi fisico per chi li ha provati, di ferite che si riaprono, di incubi che ritornano."
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Piero Ottone:
venerdì 30 ottobre 2009
Boffo, l’Avvenire, Berlusconi, il patto con il Vaticano…
Che Dino Boffo sia omosessuale, eterosessuale, entrambe le cose, insomma che cosa combina a letto, e con chi, e come, è affar solo suo e dei suoi partner; a tutti gli altri non deve interessare minimamente, così come lui, Dino Boffo, non deve essere minimamente interessato a quello che fanno tutti gli altri. Cambia, evidentemente, se il Dino Boffo omosessuale, eterosessuale, entrambe le cose, è lo stesso Boffo direttore dell’ “Avvenire”, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, dalle cui colonne si lanciano un giorno sì e l’altro pure crociate in favore della moralità, contro gli omosessuali e la loro rivendicazione di poter essere titolari di diritti come tutti, le coppie di fatto che sanno volersi bene senza doverlo giurare davanti a un sacerdote, e via dicendo. Non è consentito – non dovrebbe esserlo – predicare in un modo, e razzolare nel suo opposto.
domenica 25 ottobre 2009
Incredibile... ma vero!
"Tutte le persone che porteranno questa Medaglia riceveranno grandi grazie".
giovedì 22 ottobre 2009
Tangentopoli è ... sempre qui!
Tangentopoli è ancora qui
martedì 13 ottobre 2009
Solo la pazzia può salvarlo
Ieri il cavaliere ha sparato nuovamente contro la libertà di stampa, contro il libero mercato, contro la libertà, prendendosela con quel giornale che più di tutti ci tiene a dire le cose veramente come stanno.
Il potere liberale
di MASSIMO GIANNINI
È una deriva populista, e peggiorista, che non ha più limiti. Ma benché aberrante, c'è coerenza in questo delirio. Prima arringa gli industriali: rifiutate la pubblicità a questo giornale. Poi accusa il Corsera: sarebbe addirittura "anti-berlusconiano". Ora attacca di nuovo Repubblica: è "anti-italiana". Viene fuori, incontenibile, la natura illiberale e anti-istituzionale del Cavaliere. Non tollera le critiche della stampa, non accetta le regole della Costituzione. Da uomo politico nega lo Stato, da imprenditore nega il mercato.
L'"editto di Monza" lo conclude con una battuta che tradisce la dimensione tecnicamente totalitaria del suo "premierato di comando": "Alla democrazia ghe pensi mi". Lo dice. Lo pensa. Ecco perché siamo preoccupati per il futuro di questo Paese.
giovedì 8 ottobre 2009
Aspettiamo ad esultare, lo stronzo ha già il piano d'attacco...
da http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&r=174298
C'è già una exit strategy
Il piano B, quello che non gli farà evitare i suoi tre processi, ma almeno lo metterà al riparo dal rischio di una condanna per corruzione giudiziaria, è scattato non appena dalla Consulta è arrivata la (per lui) ferale notizia: il lodo Alfano era stato bocciato. È stato in quel momento che gli uomini di Silvio Berlusconi hanno deciso di tirare fuori dalle secche della commissione giustizia, dove era impantanata da mesi, una norma finora nascosta tra le pieghe della riforma del codice di procedura civile. Una legge ad personam, l’ennesima, che toglie il valore di prova alle sentenze già passate in giudicato.
Quando sarà approvata, e c’è da giurarci che lo sarà, i tempi di centinaia di dibattimenti si allungheranno a dismisura. E tra questi c’è anche quello per la presunta mazzetta da 600.000 dollari versata dal Cavaliere per comprare la testimonianza dell’avvocato inglese David Mills. L’idea della legge nasce infatti all’indomani della decisione del tribunale di Milano di stralciare la posizione di Berlusconi da quella del suo coimputato. Eravamo nell’autunno del 2008. Il processo al premier andava sospeso a causa del Lodo e quindi il collegio aveva deciso di procedere solo contro il presunto corrotto. In febbraio Mills era stato così condannato a 4 anni e mezzo di carcere e, a quel punto, il problema era diventato evidente.
Quel giorno gli avvocati-parlamentari Niccolo Ghedini e Piero Longo si accorgono che il Lodo ha una falla. Grave. Comunque fosse finita davanti alla Consulta il processo contro il premier sarebbe prima o poi ricominciato. E il rischio che ripartisse (o si concludesse) quando ormai l’eventuale condana in cassazione del legale inglese era già diventata definitiva, sembrava altissimo. Non per niente l’appello contro il solo Mills comincerà già domani ed è prevedibile che duri pochissimo, rendendo così scontata una pronuncia della suprema corte nei primi mesi 2010.
Un bel guaio per Berlusconi. Perché con le norme in vigore il giudice del processo all’imputato Berlusconi, dovrebbe solo limitarsi a stabilire se il premier ha dato o meno l’ordine di pagare Mills. Il dibattimento sarebbe insomma rapidissimo. Perché il fatto storico - cioè la mazzetta versata dalla Fininvest all’avvocato inglese - sarebbe già provato dall’eventuale sentenza, o di condanna o di prescrizione, in terzo grado. La legge attuale finisce dunque per mettere il premier in un angolo.
La strategia processuale di Berlusconi, infatti, non può che essere quella di sempre. Chiedere che vengano ascoltati centinaia di testimoni, domandare lunghissime nuove perizie sulla rete di conti esteri gestiti da Mills, far saltare un’udienza dopo l’altra sollevando una serie di legittimi impedimenti parlamentari suoi o dei suoi avvocati. Insomma puntare alla prescrizione. In fondo il Cavaliere non deve non resistere molto. Un’apposita legge, la ex Cirielli, approvata dal centro-destra nel 2005, proprio quando Berlusconi scoprì di essere indagato per il caso Mills, ne ha dimezzato la lunghezza: se il processo contro di lui cominciasse settimana prossima (ma non sarà così) il premier nel giro di circa due anni la farebbe franca. Ventiquattro mesi sono un niente se la norma che toglie alle sentenze il valore di prova sarà approvata. Sono invece pochi, ma forse sufficienti per arrivare fino alla cassazione, se la legge non viene cambiata. Il futuro giudiziario e politico del premier si gioca insomma sul filo dei giorni, anzi delle ore. Berlusconi ha bisogno di tempo. E già domani, quando comincerà l’appello contro il solo Mills, la strategia diventerà evidente. L’avvocato Franco Cecconi, affiancato all’ultimo momento da Alessio Lanzi, un tempo difensore di Fedele Confalonieri e altri uomini Fininvest, chiederà il rinnovo del dibattimento e una perizia sui flussi finanziari esteri del proprio assististo. E tra le sei persone che Mills vuole portare a testimoniare c’è pure il premier.
Berlusconi, che in primo grado si era rifiutato di farsi interrogare, ora dovrebbe raccontare tutti i retroscena di almeno tre incontri avuti, secondo la sentenza di condanna, con l’avvocato inglese. Faccia a faccia, avvenuti anche ad Arcore nel 1995, in cui il Cavaliere promise a Mills 10 miliardi di lire, poi versati, se solo avesse dichiarato di essere il proprietario di una serie di off shore della Fininvest, utilizzate dal Biscione per controllare - di nascosto e in violazione della legge antitrust- la tv criptata, Telepiù. In aula, insomma, sarà battaglia. E lo stesso accadrà nel processo per i cosiddetti diritti Mediaset. Qui il dibattimento era stato sospeso causa Lodo per tutti gli imputati e la prescrizione aveva falcidiato buona parte dei capi d’imputazione. Ma in ballo adesso c’è pure l’onore del premier. Difficile pensare che i media nei prossimi mesi non lo seguano con attenzione. Il rischio è che gli Italiani si rendano conto di come Berlusconi sia accusato di aver “rubato” decine e decine di milioni di euro agli azionisti di Mediaset, gonfiando a dismisura il prezzo di acquisto di film e programmi televisivi. Un po’ lo stesso reato ipotizzato contro di lui nell’indagine Mediatrade, ormai arrivata al deposito degli atti. Un procedimento in cui il capo del governo dovrà spiegare se davvero per quasi trent’anni ha avuto come socio occulto Frank Agrama, un libanese, naturalizzato americano, divenuto talmente ricco grazie all’amico da nascondere sui suoi conti svizzeri circa 100 milioni di euro. E anche questi, secondo l’accusa, erano soldi rubati.
da Il Fatto Quotidiano n°14 dell'8 ottobre 2009
martedì 6 ottobre 2009
Comunicazione politica e ... Berlusconi!
Repetita iuvant! Forse...
1. Perché racconterà i fatti, fin dalla sua testata. Darà le notizie, le analisi e i commenti che gli altri non danno, o nascondono. Parlerà dei temi che gli altri ignorano.
2. Perché non avrà padroni: la società editoriale è composta da alcuni piccoli soci, compresi noi giornalisti, che partecipano con quote equivalenti a un progetto comune: un quotidiano fatto solo per i suoi lettori. Senza vincoli né sudditanze ai poteri forti, politici, finanziari e industriali, che usano i giornali per i loro interessi.
3. Perché non chiederà né avrà finanziamenti pubblici concessi da questo o quel partito.
4. Perché nascerà solo se avrà dei lettori interessati ad acquistarlo, e a leggerlo. Nel paese dei giornali senza lettori, mantenuti in vita dai contribuenti, anche e soprattutto da quelli che non li comprerebbero mai, noi faremo il nostro giornale soltanto se avremo un numero di lettori sufficiente per mantenerlo in vita.
"Dica dove prende i soldi!”, intimava l’altra sera il commissario capo Maurizio Belpietro a Patrizia D’Addario, di professione escort. E’ la stessa domanda che decine di magistrati (e perfino qualche giornalista, perlopiù straniero) tentano di porre a un signore che svolge mansioni lievemente più pubbliche di quelle della squillo di Palazzo Grazioli. Solo che lui, diversamente da lei, non risponde. In una memorabile vignetta di Altan, un tizio gli chiede perché non risponda alle
giovedì 1 ottobre 2009
AnnoZero 01/10/09 - Intervento del giornalista americano Premio Pulitzer Carl Bernstein
Carl Bernstein è Premio Pulitzer, considerato come la più prestigiosa onorificenza nazionale per il giornalismo, successi letterari e composizioni musicali; viene amministrato dalla Columbia University di New York.
Nel 1972, insieme al collega del Washington Post Bob Woodward, condusse l'inchiesta giornalistica che svelò i retroscena dello scandalo Watergate. Insieme a Bob Woodward scrisse il libro Tutti gli uomini del presidente, cui si ispira il film omonimo di Alan J. Pakula, nel quale il suo personaggio è interpretato da Dustin Hoffman.